Questo sito utilizza solo cookie tecnici necessari per la fruizione dei contenuti. Per maggiori informazioni leggi l'informativa sul trattamento dei dati personali.

Privacy Policy
Governo italiano
Seguici su
Cerca

Il Ministro ha co-presieduto la cabina di regia per l’internazionalizzazione

Il ministro durante i lavori della Cabina di regia

Il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti è intervenuto oggi alla sessione straordinaria per l’attrazione degli investimenti esteri della Cabina di Regia per l’Internazionalizzazione, che si è svolta al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

E’ stata la prima riunione della Cabina di Regia, co-presieduta dai Ministri Giorgetti e Di Maio, specificamente dedicata all’attrazione degli investimenti diretti esteri (IDE) a sostegno della crescita economica e occupazionale dell’Italia post Covid-19.

Insieme ai due co-presidenti hanno partecipato ai lavori numerosi altri esponenti del governo, i rappresentanti degli enti pubblici (tra i quali ICE, CDP, SACE e SIMEST) e delle associazioni del mondo imprenditoriale e finanziario.

 

L’intervento del ministro Giorgetti

Ringrazio tutti i partecipanti che interverranno all’odierna sessione di lavoro e il ministro Di Maio per aver ospitato alla Farnesina la prima riunione della Cabina di Regia dedicata all’attrazione degli investimenti esteri.

Oggi la presenza di tanti relatori qualificati testimonia quanto sia centrale e complesso il tema dell’attrazione degli investimenti esteri, che coinvolge tanti aspetti strutturali del nostro Paese: dalla riforma della giustizia civile all’organizzazione della rete promozionale, dal funzionamento della P.A. fino alla fiscalità.

La creazione del Comitato per l’Attrazione degli Investimenti Esteri, (CAIE) nel 2014, la riorganizzazione delle competenze tra MISE e MAECI, e delle relative agenzie Invitalia e ICE, sono elementi che hanno portato sicuramente a una semplificazione della gestione delle misure e delle attività su questi temi su cui è indispensabile fare alcuni riflessioni anche alla luce del nuovo scenario prodotto dal Covid 2019.

La crisi pandemica ha generato il peggior crollo degli investimenti diretti esteri dal 2005, portando il loro valore al di sotto del trilione. Secondo il World investment report della Unctad, per il 2020 è prevista una contrazione a livello globale che oscilla tra il 25% e il 40% su base annua, per continuare nel 2021 nell’ordine del 5-10% e poi risalire e toccare i livelli pre-covid nel 2022.

Non dimentichiamo che il nostro Paese è oggi uno dei primi 20 Paesi al mondo per stock di capitali esteri: possiamo e dobbiamo sicuramente crescere in questa classifica, visto che il peso dei capitali esteri sul PIL oscilla in Italia fra il 20% e il 25%, ben inferiore alla Francia (30%) e soprattutto alla Spagna (46%).

C’è molto lavoro da fare e per questo ho grandi aspettative anche nei confronti delle proposte che tra poco ascolteremo quando sicuramente affronterete temi dirimenti quali:

  • il “customer care” degli investitori;
  • la necessità di uno “sportello unico” per le imprese estere;
  • le politiche di “retention” per evitare le delocalizzazioni;
  • l’attenzione alle classifiche internazionali sulla competitività.

Queste sono tutte questioni interessanti e sicuramente complesse. Ma proprio per non correre il rischio di perdersi in questa complessità, credo dovremmo partire da pochi elementi fondamentali, utilizzando le competenze già disponibili e l’esperienza maturata, anche grazie agli errori che le nostre Amministrazioni hanno fatto nel tempo: siamo consapevoli che non esiste la “pietra filosofale”, la misura che magicamente ed automaticamente possa aumentare l’attrattività del nostro Paese per gli investitori stranieri.

Allora credo che prima di intraprendere qualsiasi azione sia indispensabile compiere un’operazione di chiarimento e trasparenza chiedendoci dapprima quali siano le priorità che perseguiamo davvero: vogliamo investimenti produttivi o ci interessa piuttosto fare cassa e vendere immobili dell’Erario? Sviluppare investimenti o puntare sul greenfield? Assistere le imprese in difficoltà o trovare co-investitori per progetti in crescita?

L’attuale elenco di offerte di opportunità d’investimento in Italia è di oltre 1.500 pagine, un compendio di proposte variegate in termini di settori (dalla ricerca avanzata alla vendita immobiliare), di valore (dalle PMI alle grandi imprese), di aree geografiche e di modalità d’investimento (capitale, M&A, Joint Venture). Tutto molto interessante, ma l’ABC del primo anno di marketing in economia insegna che però un’offerta troppo vaga e eterogenea ha scarse probabilità di successo.

Credo che il primo obiettivo di questa nostra riunione di oggi possa essere quello di investire il CAIE di un ruolo realmente decisionale nell’identificare la strategia italiana sugli investimenti esteri in termini di settori, di territori e di tecnologie e, sulla base di queste premesse, selezionare i progetti prioritari da sottoporre ai potenziali investitori esteri. Forse in questo modo andremmo a ridurre di almeno il 50% l’attuale offerta complessiva, senza tuttavia subire contraccolpi perché più appetibile.

Ovviamente la selezione delle offerte dovrà essere costantemente aggiornata e adattata ai diversi Paesi di rifermento. Non occorre essere un esperto di marketing per capire che la proposta tagliata per un potenziale investitore di un Paese del Golfo non è la stessa di quello che può essere discusso in un incontro alla Silicon Valley o in India. Produrre un pacchetto di offerta sintetico, di qualità e “tailor made” deve essere il primo mandato del CAIE.

Dovremmo poter arrivare a fornire una presentazione dei potenziali investimenti in Italia, snella e modulabile che possa essere utilizzata anche da parte dei miei Colleghi ministri oggi presenti durante i loro incontri con interlocutori internazionali: troppo spesso purtroppo documenti del genere fatti in passato sono stati abbandonati in qualche cassetto, dopo pochi giorni dalla loro elaborazione, perché considerati inutili.

Abbiamo molti punti di forza su cui giocare:

  • siamo un’economia avanzata e il nostro obiettivo è quello di attrarre investimenti nei settori ad alto contenuto tecnologico, in ricerca e sviluppo, design e manifattura avanzata. L’innovazione potrà fornire un significativo contributo alla crescita economica dell’Italia post Covid e, in questo contesto, sarà importante sviluppare anche le attività di attrazione dei venture capital esteri;
  • disponiamo di forza lavoro molto qualificata: l’Italia è uno dei principali Paesi manifatturieri del mondo, il secondo d’Europa: per un investitore estero venire a produrre in Italia significa divenire a pieno titolo parte del “made in Italy”, essere percepito come unità di un mondo di eccellenza;
  • il nostro Paese vanta – oltre ai settori tradizionali del made in Italy – anche ambiti estremamente competitivi quali, ad esempio, quello aerospaziale e farmaceutico sul quale ho avviato, d’intesa con il Presidente Draghi, un processo per creare un polo nazionale di ricerca e riportare l’industria farmaceutica italiana ai livelli di pochi anni fa: su questo tema investiremo i circa 20 miliardi di euro previsti nel PNRR per la salute in senso lato;
  • inoltre siamo tutti consapevoli che finora non abbiamo sfruttato a pieno la nostra invidiabile posizione geografica che ci pone al centro dei crocevia tra Europa, Nord Africa e Medio Oriente: la nostra penisola è oggettivamente al centro del Mediterraneo, l’anello di congiunzione tra realtà lontane e dunque è naturalmente un polo di attrazione per gli investitori internazionali.

Dobbiamo lavorare per mettere a sistema tutti questi aspetti così da acquisire maggiore competitività. Contemporaneamente dovremo lavorare anche su ciò che ancora non va

La stabilità - giuridica e fiscale - è il più grande incentivo a investire in un Paese: anche chi investe in Italia deve potere aver garantito che per un periodo congruo – diciamo almeno 5 anni – il quadro di riferimento non cambierà. Questo è un tallone di Achille che sempre ci penalizza anche nelle classificazioni internazionali, come il Doing Business.

Infatti i costi elevati delle decine e decine di procedure amministrative e di natura fiscale, la lentezza riscontrata nei procedimenti della giustizia civile e amministrativa, sommate all'elevata incidenza della fiscalità sul costo del lavoro, le disparità regionali, la carenza di infrastrutture e di reti, il persistere di fenomeni illeciti quali la corruzione e la criminalità organizzata rappresentano ancora fattori che ostacolano una significativa accelerazione nei flussi di investimenti nel nostro Paese. Credo sia il momento, nel rispetto delle regole europee e dei vincoli di bilancio, di avviare una seria riflessione su questo punti impianti, e mi rivolgo in prima battuta al MEF e a tutti i componenti del CAIE.

Una proposta pragmatica che mi sento di lanciare è che il CAIE possa dotarsi di funzionari specializzati in grado di aiutare gli investitori esteri a “navigare” nel mare della Pubblica Amministrazione italiana, risolvendo problemi concreti e dialogando direttamente con le amministrazioni centrali e locali. Non basta una casella e-mail info@qualcosa, ma servono referenti in carne e ossa, dotati di professionalità e di livello adeguato a risolvere le criticità che si presentano di volta in volta.

Non esistono i funzionari, gli Uffici, i Ministeri: esistono le persone che fanno sempre la differenza!

Anche per questo, dovremmo inoltre ricentrare il ruolo storico di Invitalia quale soggetto in grado di promuovere gli investimenti di qualità nel nostro Paese perché a oggi mi risultano destinati a questa attività un numero insufficiente di addetti.

Occorrono referenti qualificati, che sappiano dialogare con competenza con i principali fondi di investimento globali, che siano capaci di presentare al meglio le opportunità che offre il nostro Paese. Dobbiamo crescere in questa capacità, reclutare risorse migliori e più operative. Dobbiamo saper guardare ai mercati e cogliere le opportunità velocemente, non arrivare ultimi, dopo che altri hanno già raccolto i flussi più significativi.

Già sappiamo che i settori vincenti sono l’economia circolare, la transizione verde, l’aerospazio e una mobilità più sostenibile (con idrogeno e batterie), oltre ad un nuovo capitolo di Industria 4.0: su queste premesse vogliamo costruire la visione di sviluppo industriale in Italia.

Quanto alle infrastrutture digitali, abbiamo previsto ingenti somme, circa 3,3 miliardi per colmare rapidamente il digital divide e dotare in poco tempo tutto il Paese di connessioni a banda ultra larga stabili, veloci e resilienti.

Siamo inoltre impegnati per sviluppare investimenti nell’industria strategica dei semiconduttori, in cui, in considerazione anche delle applicazioni in settori critici come l’elettronica, l’automobilistico e il medicale, è necessario garantire catene di fornitura affidabili e resilienti.

Il PNRR rappresenta un’occasione storica – straordinaria, direi, dal punto di vista delle risorse e del progetto riformatore – per rilanciare davvero il nostro Paese ed è per questo che sul tema della attrazione degli investimenti esteri abbiamo aumentato e riqualificato le risorse, rispetto alla prima stesura del piano.

MISE e MAECI – con Invitalia e ICE – devono rappresentare vasi comunicanti: i punti in cui passa senza soluzione di continuità il flusso di informazioni sugli investimenti esteri, sia “in entrata” che “in uscita”.

Propongo pertanto al ministro Di Maio, che co-presiede con me la Cabina di Regia, di dare un mandato forte ai nostri rispettivi collaboratori per elaborare insieme un piano strutturato di proposte in materia di attrazione degli investimenti esteri, sempre ben accetti purché non abbiano mere finalità predatorie che non giovano allo sviluppo, ma aggrediscono i nostri patrimoni di conoscenze e la nostra sicurezza.

Mi avvio a concludere con un sincero messaggio di ottimismo: l’Italia è un Paese dal grande potenziale, che può veramente attrarre importanti e qualificati investitori esteri. Abbiamo un’occasione storica, di lavorare con consapevolezza e orgoglio per rilanciare il nostro Paese, senza timori di proporci anche all’estero. E sono certo che la riunione di oggi rappresenterà un importante impulso in questa direzione.

Ci aspetta un lavoro importante e confido sull’impegno di tutti, perché il Nostro Paese non può più aspettare.

Grazie.

 

 

 

 

Questa pagina ti è stata utile?

Non hai validato correttamente la casella "Non sono un robot"
Torna a inizio pagina