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Incompatibilità della “clausola isds” degli accordi “intra-UE” sulla protezione degli investimenti con il diritto dell’unione europea e conseguente inapplicabilità: attuazione della sentenza Achmea

Con sentenza del 6 marzo 2018 (C-284/16, Achmea), la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) si è pronunciata sul rinvio pregiudiziale proposto dal Bundesgerichtsof (Corte federale di giustizia, Germania), nell’ambito di una controversia tra la Repubblica slovacca e la società Achmea BV, un’impresa appartenente ad un gruppo di assicurazioni olandese. La Corte si è espressa con una decisione di valenza generale circa la compatibilità della clausola compromissoria arbitrale -c.d. “clausola ISDS” (Investor to State Dispute Settlement) - con il diritto UE.

Tale clausola, contemplata usualmente nei trattati bilaterali di investimento (in inglese Bilateral Investment Treaties, da cui l’acronimo BITs) così come in trattati multilaterali quale l’Energy Charter Treaty (ECT), autorizza un privato investitore che ritenga pregiudicato un proprio diritto previsto nel trattato di investimenti a citare - attraverso il ricorso ad un arbitrato internazionale, cioè davanti a arbitri scelti dalle due parti (e non davanti ad organi giurisdizionali statali) - lo Stato che ospita l’investimento (c.d. “host state”).

Nella pronuncia della Corte si sancisce l’inapplicabilità della clausola arbitrale inserita in accordi tra Stati Membri dell’UE (senza, quindi, riferirsi alla compatibilità con le norme europee delle clausole inserite negli accordi conclusi da essi o dall’UE con i Paesi terzi).

A seguito della sentenza, a gennaio 2019, 22 Stati Membri, fra cui l’Italia, hanno emesso una dichiarazione congiunta per mettere in chiaro le conseguenze dell’applicazione del diritto dell’Unione come confermate dalla decisione nel caso Achmea, e che i loro Paesi denunceranno i propri BITs e informeranno i tribunali arbitrali del difetto di giurisdizione in tutti i procedimenti di arbitrato sugli investimenti intra-UE pendenti intentati ai sensi di trattati bilaterali di investimento conclusi tra Stati membri o del Trattato sulla Carta dell'energia.

Il Governo Italiano (anche attraverso questa pubblicazione sul sito istituzionale MISE) sta compiendo tutti gli atti che necessariamente succedono alla dichiarazione dei Rappresentanti Permanenti e che riguardano le controversie tra la Repubblica italiana e investitori esteri, nonché tra investitori italiani e i Governi di altri 21 Paesi UE (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia e Spagna).

Dichiarazione del 15 gennaio 2019 dei rappresentanti permanenti dei governi degli stati membri dell’UE (pdf)

 

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